[Acino chi legge | Napoli] Torna la rubrica vinicolo-territoriale di #FrancescaRomanaLugeri | in esclusiva su La Repubblica delle Biciclette
Ed ecco lo special su Napoli. Perché, vi chiederete…
Perché, vi rispondo acini cari, il mio primo Giro intero partì da #Napoli, il 4 maggio 2013, Giro vinto da Nibali.
E ora, a un passo dalla pensione, mi intenerisco a pensare a quell’esordio. Era il primo GeoloGiro fatto in casa, con l’aiuto dei miei fratelli: partimmo io e “il Roscio”, esperto di ciclismo e altri sport, degno allievo di Beppe Conti (e come disse il Da Vinci: “tristo è lo discepolo che non avanza lo maestro suo” e Mic tristo non è). Insomma partimmo con una chiavetta in tasca, piena di giga di video animazioni sulla #geologia del percorso di gara, tutto fatto da Nic, l’altro fratello.
E grazie alla nostra “Président”, Alessandra De Stefano, il mio Giro continuò fino all’ultima tappa, raggiunta in corsa dal coniuge, che mai avrebbe pensato che l’avventura sarebbe continuata, ma poi raccolse il testimone dai fratelli per accompagnare la vostra Geo in giro al Giro.
Ah, bei tempi: la sala stampa era piena, e ti accoglievano con curiosità.
Fu ad Ascea che il mitico Capodacqua di Repubblica mi fece conoscere Guido.
Il resto lo conoscete già.
Ma torniamo a noi. Vai col vino! E vai con Pino (sigh-faccina): VAI MO’
“Il monte Vesuvio sovrasta questi luoghi, circondato tutt’intorno da campi magnificamente coltivati, tranne la cima, in gran parte pianeggiante, completamente sterile, che mostra un aspetto cinereo, e cavità cavernose di pietre fuligginose come se fossero state divorate dal fuoco, il che attesta che il monte dapprima bruciò e ebbe un cratere che poi si spense quando il materiale igneo fu esaurito. Forse è proprio questa la causa della fertilità dei terreni circostanti, come le ceneri decomposte dell’Etna a Catania”.
E questo era Strabone, nel 18 d.C., in “Rerum Geographicarum”.
Il terreno fertile generato dal substrato lavico permette la coltivazione della vite nella fascia pedemontana, fino a 400 metri sul livello del mare. I vitigni selezionati per la realizzazione del Lacryma Christi Bianco sono: Coda di Volpe (localmente conosciuta come Caprettone o Crapettone), Verdeca, Falanghina, Greco; il più famoso è il Lacryma Christi Rosso prodotto con uve Piedirosso, Sciascinoso (Olivella) e Aglianico.
Molto suggestive sono le storie sul vino simbolo del Vesuvio: il #LacrymaChristi. La più nota narra che Lucifero, dopo la cacciata dal Paradiso, ne avesse rubato un pezzetto, lasciandolo poi sulla Terra a formare il Golfo di Napoli, prima della sua caduta negli inferi, avvenuta nel luogo dove poi si formò il Vesuvio. La leggenda, rielaborata da De Musset, prosegue narrando che il pianto di dolore di Gesù per il gesto di Lucifero creò una vite che diede vita al vino più sacro e rappresentativo della Campania.
PS: A chi si chiede come mai nel mondo social, che vive di anticipo, i miei acini arrivano sempre dopo, rispondo così: prima bevo, poi scrivo. Procedimento empirico deduttivo, o giù di lì!
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#acinochilegge #napoli