[La brugola del Romeo – 17ª tappa] Proseguono le cronache del Giro d’Italia vist…


[La brugola del Romeo – 17ª tappa] Proseguono le cronache del Giro d’Italia visto da La Bottega del Romeo – dal 1935 | in esclusiva su La Repubblica delle Biciclette

“Buitrago, che sembra un domatore: nomi e fantasie di un Giro complicato da raccontare” – di Lorenzo Franzetti ⚙️

Doveva essere un romanzo, si rivela una raccolta di racconti brevi, questo Giro che in ogni tappa propone nomi e storie tirate fuori dal nulla, dalla fantasia dei bambini, quando s’inventano corse immaginarie. “Facciamo che tu eri Saronni e io Freddy Maertens”, da bambino cercavo sempre di coinvolgere i miei amici in giocostorie, quando uscivo davanti casa in bici: sono nato in una via chiusa al traffico, le bici e i giochi di fantasia all’aperto erano il pane quotidiano, per fortuna. S’inventavano vite parallele di fantomatici campioni: quando si voleva esagerare, i nomi erano inventati. Non Saronni, non Moser, nemmeno Bitossi, se si voleva esagerare, ci si sbizzarriva con nomi inventati: “Io faccio Cipollini”, m’inventai un giorno davanti a un coetaneo che storceva il naso. Ebbene, il Cipollini quello vero, si presentò davvero in carne e ossa a un Giro d’Italia una decina d’anni più tardi.

Dal cilindro dei nomi da circo, ecco uscire Buitrago, che suona come un domatore: in bottega, questo Giro fatto di storie minime, lo si vive un po’ disorientati. Prima dell’epilogo, Covi ci regala un paio d’ore di batticuore, decidendo di attaccare: il Diego salta come un grillo dallo scatolone che usa come sedia, all’officina, nella quale entra ed esce cercando piccole cose da fare per ingannare l’emozione senza perdere il filo della diretta sul Giro. Ci sono lui, il nostro nipotino e Van der Poel davanti, assieme a due francesi che non vengono nemmeno presi in considerazione dai commenti di chiunque passi di qui. Poi, mannaggia ladra, quasi in cima al Vetriolo, Covi decide di sfilarsi: vuol dire che, all’apparenza, non sembra staccarsi per sfinimento, il nostro ragazzo pedala agile e non sembra in crisi. A un certo punto, sembra proprio voler lasciare andare i primi e si ritrova in pochi minuti a fare il gregario per il suo capitano Almeida, in difficoltà nel gruppo della maglia rosa. Lascio a voi la libertà d’immaginare sfumature e colori delle espressioni mimiche e verbali del nostro storico capo della bottega, che sogna un trionfo, meritatissimo, del suo nipotino.

Vince Buitrago e i pretendenti alla maglia rosa si sfidano a colpi di fioretto, senza esagerare. Un amico e titolare di una testata seria di ciclismo confida l’imbarazzo: “Viene fuori tutta gente sconosciuta, non si sa neanche cosa scrivere”. E questo è il problema di un sistema, di un modo di trasformare il Giro d’Italia in un salotto esclusivo, anziché farne una vera e propria carovana che si apre alla gente e al mondo: fare l’inviato in corsa è diventato difficilissimo perché l’organizzazione del Giro non concede accrediti democraticamente, ma lo fa in modo arbitrario, a suo piacimento. Tu sì, tu no. C’è da sempre la comodità e l’abitudine di concedere questo privilegio in primis alle grandi testate che, per tempi e modi di lavorare, mandano al Giro soprattutto poltronari, cronisti da sala stampa. Si guarda la corsa sui teleschermi, s’intervistano i protagonisti in conferenza stampa, stop, fine. Si accetta la visione unica, l’unico punto di vista che va bene per tutti. Raccontare il Giro, con la suola delle scarpe, ovvero con la fantasia, sulle strade a contatto con il pubblico, vicino ai corridori è quasi impossibile, anche perché le squadre per vari motivi sono sempre più distanti dal pubblico, non è come una volta, quando il giornalista era sempre a diretto contatto con i protagonisti, sulla strada, in albergo, addirittura in camera. Solo il più tenace di tutti, Guido Foddis e la sua Repubblica delle biciclette, si ostina a raccontare il Giro inseguendolo col fiatone, con il vecchio stile nazionalpopolare, come dovrebbe essere questo evento. Tuttavia, raccontare i Buitrago e gli eroi di giornata filtri, senza ostacoli o barriere reali o virtuali è complicato quasi come vincere la tappa in bici. Il risultato? Decine e decine di cronache piatte, che non accendono l’interesse degli appassionati che cercano storie belle sul Giro.

L’uomo del giorno, qui in bottega, è Emanuele Chiodi: meglio citare nome e cognome perché qualche suo coetaneo ed ex corridore si ricorderà. Si è presentato in bottega all’improvviso e ha cambiato la giornata in meglio, a tutti noi, a cominciare dal Diego che è un po’ come i vecchi maestri, quando ricevono la visita degli ex alunni diventati adulti. Chiodi è il primo ragazzino tesserato nella squadra giovanile della Romeo, negli anni Settanta: ora è un pilota d’aereo e vive in Qatar, ma ha le sue radici sul Lago Maggiore. Fa il giro del mondo ogni settimana, ma è felice quando, una volta all’anno, torna in bottega, dove coltivò la sua prima grande passione giovanile, ovvero quella per la bicicletta. Il tempo passa, ma i ricordi e le belle persone tornano sempre a trovarci. Ecco perché ha un senso, questa bottega.

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