[La brugola del Romeo – 20ª tappa] Proseguono le cronache del Giro d’Italia visto da La Bottega del Romeo – dal 1935 | in esclusiva su La Repubblica delle Biciclette
“Il mondo fuori ad aspettare, noi tutti a pedalare con Covi sulla Marmolada” – di Lorenzo Franzetti ⚙️
Quando una storia fa storcere il naso o l’abbandoni e passi a un libro migliore, o insisti sperando che ci sia il riscatto. In bottega si legge poco, ma per una volta, per un sabato di alta stagione, si è pianto come fidanzate davanti a un film d’amore. In scena, dentro a quella piccolissima tivù, non c’erano Clark Gable e Rossella O’Hara in Via col Vento, ma il “nostro” Ale Covi.
Come tutti i romanzi, anche il Giro svela protagonisti e assassini, eroi e sconfitti nelle pagine finali. Pagina dopo pagina, a volte con passaggi che nei libri si saltano in blocco per sfuggire alla noia e per arrivare prima a vedere come va a finire. E il regalo più bello è saltato fuori da un sabato che, nel nostro angolo di provincia, stava facendo sudare turisti e meccanici.
Far convivere le emozioni forti e profonde regalate dal Giro con le piccole isterie di milanesi appiedati da forature e altre insignificanti disgrazie ciclistiche a volte è complicato: è per questo che il Diego, ormai da anni, ha scelto le emozioni. E così, nei giorni clou del Giro, quando capisce che è la giornata giusta per il nostro “nipotino” Covi, non si presenta in bottega fino a tappa conclusa, rimanendo a guardarsela e a emozionarsi nel salotto di casa. Andò così lo scorso anno, per esempio, quando si capì nella tappa di Montalcino che poteva essere una gran giornata per Covi, che però arrivò secondo. Quest’anno, però il Giro d’Italia sembrava avaro di magia perché il nostro ragazzo aveva sempre corso come pedina di una strategia di squadra che prevedeva altri solisti. Era andato in fuga, ma in alcuni casi era addirittura stato fermato per ordini del capitano.
Nemmeno il Diego ci sperava più, insomma, sebbene il nostro Alessandro sembrasse molto in forma. E così, quando ai piedi delle Dolomiti va in scena l’ultima fuga del Giro, sembra una giornata come le altre: Covi va in fuga sì, la televisione scandisce il suo nome, ma sicuramente con ordini di scuderia. Invece la storia prevede un’altra trama, il romanzo ha il suo colpo di scena: sulle rampe del Pordoi, uno scatto e un uomo solo al comando. Formolo, il suo compagno di squadra, vede Covi scattare e gli grida: “Uè budella, ma dove vuoi andare?” In tivù, però, si vede soltanto lui, il nostro ragazzo spingere con la cazzimma, direbbero i napoletani, per fare l’impresa. Io e il Diego ci guardiamo in faccia, abbiamo entrambi intuito che oggi è il giorno giusto. E allora ci vuole la scelta drastica, anche mia moglie Alessandra ha già capito: la porta del negozio si chiude a chiave, in vetrina compare il classico cartello “torno subito” perché quello avevamo e non c’era il tempo di stare lì a scrivere quanto subito. Stacchiamo il telefono e silenzio. Per questo sabato, la Marmolada la pedaliamo anche noi, noi da soli con il “nostro” campioncino, ignorando il commento dei telecronisti, rimanendo in bici con lui, tra la folla che si apre davanti, sotto le bandiere di migliaia di tifosi.
Già durante la discesa dal Pordoi, il Diego non fa che ripetere un concetto: “L’Ale è uno che si sa gestire, è sempre stato uno che sa quello che fa in bici. Sta facendo di testa sua, si vede” e lo dice quasi a voler smentire i telecronisti che inizialmente danno poca speranza all’impresa di Covi. E adesso silenzio, solo noi e il nostro ragazzo a sfidare il Fedaia, mentre fuori dal negozio, qualche cliente guarda l’orologio, davanti la cartello “torno subito”, chiedendosi: “Quanto è lunga questa pausa caffè?”. Niente caffè, l’istinto materno di mia moglie Alessandra, la porta a uscire e a spiegare: c’è il “nostro” corridore che ci sta regalando un’impresa. Il cliente anziché arrabbiarsi, sorride: “Avete fatto bene, diamogli il tempo di vincere”.
E così, in un sabato che sembrava un banale giorno d’alta stagione, non si può far convivere la fretta di chi vuol far tacere i rumorini del cambio con le lacrime sincere di tutti noi davanti all’immagine di Covi tutto solo sulla Marmolada. Il momento più bello richiede che tutto il mondo aspetti fuori. Col Diego che non fa che pensare alle prime gare, alle prime sgambate del Covi bambino. Ne è passato di tempo, ma dentro la bottega è come se tutto fosse rimasto a quegli anni. Dentro a pareti antiche e impolverate sono passate mille storie e tante vite, che sembrano non uscire più e rimangono lì come trofei. E il più bel trofeo, è il regalo di Covi, un capitolo in più da raccontare alla gente da adesso fino a quando questo luogo vivrà.
Il Giro d’Italia lo sta vincendo l’australiano Hindley, nel frattempo, che dopo aver piegato Carapaz, viene fuori dalle ultime pagine del romanzo come il protagonista tanto atteso. È lui, l’eroe svelato da una trama che sembrava poco avvincente. Ma in bottega ce ne rendiamo conto soltanto dopo esserci asciugati le lacrime sul volto: erano scese giù da sole, senza freni, come Covi giù dal Pordoi.
Il Giro ha sempre questa forza: sa regalare sprazzi di libertà alla gente, la libertà delle persone di essere felici, anche solo per un istante, uscendo dalla vita quotidiana ed entrando in un altro mondo, anche soltanto per il tempo di assaporare il vento sollevato dal gruppo o per concedersi pensieri belli davanti alle immagini in tivù. Poi tutto torna come sempre, con il telefono che torna a squillare, il cartello “torno subito” sparisce e si riaprono i battenti alle bici sgangherate, l’Italia che torna a vivere le sue giornate tra le gioie e i dolori, le buone notizie o le tasse da pagare, i gelati che colano sulle magliette o i caffè bevuti sempre troppo in fretta, le forature che rovinano le gite o una bicicletta nuova da fare uscire dalla bottega, una bicicletta pronta a regalare emozioni.
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