[La brugola del Romeo – 21ª e ultima tappa] Ultima puntata per le cronache del G…


[La brugola del Romeo – 21ª e ultima tappa] Ultima puntata per le cronache del Giro d’Italia visto da La Bottega del Romeo – dal 1935 | in esclusiva su La Repubblica delle Biciclette

“Visto dalla provincia, il Giro è sempre un bel romanzo” – di Lorenzo Franzetti ⚙️

Matteo Sobrero dal profondo Piemonte si è prende l’ultimo traguardo, entrando trionfante all’Arena di Verona. Un’Arena in festa sì, ma basta guardare con attenzione che è piena, ma non troppo, rispetto al trionfo di Moser nel 1984, meno della metà del pubblico: colpa chissà dei pass, della domenica di shopping, dei parcheggi a pagamento, delle perturbazioni, del caro bollette o di nuovi campioni del pedale sconosciuti al grande pubblico. Ciò nulla toglie ai meriti del giovane Sobrero che ha vinto, ha portato un’altra ventata d’aria fresca dentro a un ambiente che cambia: i corridori di ieri invecchiano e salutano, quelli di oggi e di domani emergono e cominciano, finalmente, a vincere. Oldani, Dainese, Ciccone, Sobrero e, naturalmente, il nostro Covi sono parte del futuro, l’intramontabile Nibali e l’irriducibile Pozzovivo sono l’esempio, ma anche la generazione che sta per salutare.

Le tappe della domenica sono quelle viste dal divano, la bottega chiusa è tuttavia ancora piena dell’atmosfera commovente respirata durante il tappone e l’impresa del nostro ex cucciolo Alessandro, che ha un carro del vincitore strapieno di volti mai visti, ma va bene così. Lo chiamano Puma, a noi fa un po’ sorridere, perché l’abbiamo visto gattino, con le ginocchia sbucciate e i denti da latte un po’ rotti per via della sua prima caduta: aveva 4 anni e, ai giardinetti, simulava una volata vincente alzando le braccia al cielo, trascurando il dettaglio che non sapesse ancora andare senza mani. Sulla Marmolada, le braccia al cielo le abbiamo idealmente alzate tutti, non solo in bottega, ma davanti a centinaia di televisori varesini e varesotti. Dopo il trionfo, per esempio, ci ha scritto una signora ultrasettantenne confidandoci di aver seguito il trionfo di Covi in piedi sul divano: e ci fa ridere, seppur con tenerezza, l’immaginare questa sciura saltante su cuscini in similpelle.

Il Giro va a Hindley, meritatamente, in una sfida a colpi di fioretto, molto tattica fino alla fine. L’australiano ha vinto giocando bene le sue carte dopo tre settimane corse a velocità elevate, ventuno tappe tiratissime, frazioni di montagna affrontate a medie da far fondere i motocicli di una volta. Poi sì, ci sono critici, i tuttologi, i teorici, gli esperti di marketing, i vecchi tromboni del giornalismo, i pifferai dei social, un esercito di pigiatasti che sente la necessità di far rumore, di scrivere o di dire qualcosa che faccia scalpore. Postando in chiave polemica, quel che al netto del fumo e degli effetti speciali, è banalità. I protagonisti del Giro li abbiamo visti, applauditi, premiati giorno dopo giorno, il romanzo ha svelato il suo finale negli ultimi capitoli: può piacere o non piacere, il resto è polemica già vista e magari dimenticata. Come ai tempi della noia, ricordo, quando avevamo Cipollini e Petacchi in auge e il percorso arrivava a prevedere dodici arrivi in volata su venti. Ora abbiamo un grande passista come Ganna, l’Italia ha questo enorme talento e gli organizzatori del Giro scelgono un percorso con il minimo storico di chilometri a cronometro, costringendolo ad andare a correre altrove. Bisogna prenderne atto, come bisogna prendere atto di molte scelte che allontanano la gente dal ciclismo, da una corsa che ha bisogno della gente, si vive e si racconta sulla strada, senza filtri, pass o altri effetti speciali.

La “brugola del Romeo” ha voluto essere una piccola rubrica senza pretese, ma con l’idea di raccontare un pezzetto di provincia italiana che guarda il Giro d’Italia. È stata scritta in un luogo che ha visto crescere tanti campioni anonimi e qualcuno conosciuto, l’ultimo proprio Alessandro Covi. Ma una rubrica così, la si poteva tranquillamente scrivere anche dal paese di Ciccone, nel bar preferito di Formolo, all’oratorio frequentato da Dainese, dai parenti di Sobrero, dal giardino di casa di Bais, dal panettiere di Oldani: è uno spaccato dell’Italia che vien fuori, durante il Giro d’Italia, con le sue genuine verità. Cronache minime, che sono il sale della vita quotidiana e, quasi sempre, anche del ciclismo vero, quello che resta nel cuore delle persone. Ecco, il ciclismo bisognerebbe tornare a raccontarlo così, visto dalla strada, con l’occhio magari ingenuo, ma vivace, di appassionati che ogni volta che arriva il Giro, tornano bambini. Forse, raccontato così, il Giro di Hindley e dei tanti, tantissimi nomi nuovi, non sarebbe così deludente come molti espertoni scrivono. È un consiglio, niente di più, per evitare ciò che un mio amico definisce “desertificazione” del ciclismo: è lo stesso amico che si è consumato la suola delle scarpe con un microfono in mano, per tutto il Giro, senza pass, ma vicino alla gente.

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