[La brugola del Romeo – 4ª tappa] Proseguono le cronache del Giro d’Italia visto…


[La brugola del Romeo – 4ª tappa] Proseguono le cronache del Giro d’Italia visto da La Bottega del Romeo – dal 1935 | in esclusiva su La Repubblica delle Biciclette

“Meccanici ed esorcisti per biciclette popolari o per far vincere Gaviria” – di Lorenzo Franzetti ⚙️

Paesaggi da sogno nell’entroterra siciliano, mentre il Giro l’attraversa, granite e rondini in piazza a Ispra, al Nord, in un anticipo d’estate, mentre la bottega è in costante movimento. C’è il profumo dolce delle robinie in fiore che si spande un po’ ovunque, ci sono i fiori a colorare i balconi, si risveglia la provincia e si tirano fuori le biciclette dai garage, dai pollai, dalle soffitte: è un classico, un rito che si ripete tutti gli anni, come la raccolta delle fragole. Il Giro in diretta, tra Catania e Messina, la bottega sul lago, è un continuo sferruzzare tra grasso e pignoni. Mentre Cavendish perde contatto sulle rampe della salita di giornata, nel cortile dell’officina si presenta un signore con la bicicletta in briciole: un telaio con attaccato una ruota e un manubrio in una mano, un pezzo di forcella nell’altra. Chiede di far qualcosa, ma non posso che rispondere con un gesto di benedizione: «Quando serve un esorcista, piuttosto che un meccanico, qui ci arrendiamo».

La bici è per tutti, non è uno slogan, ma una filosofia che, qui dentro, mentre la quinta tappa s’infiamma, tiene banco da 87 anni: la bicicletta ha un’anima popolare che in bottega abbiamo sempre difeso. Nella sua semplicità, e anche umiltà, è un’invenzione ingegnosa e perfetta, proprio perché adatta a tutti. Oggi, con l’avvento delle ebike e, soprattutto, con le superspecialissime sempre più sofisticate si tende sempre più a considerare la bici come un prodotto che dipende sempre più dalla tecnologia: da un’applicazione, da un software, da un aggiornamento, da una presa di corrente, da una batteria che si consuma. È questo che spingono, sempre più le aziende del ciclismo, ovvero a prodotti destinati a diventare obsoleti o non funzionanti, senza adeguati aggiornamenti e costanti miglioramenti. Sono le bici tamagotchi, pensate esattamente con la stessa logica di un telefonino, di un pc o di altri strumenti elettronici.

La bici perfetta, per il Diego e prima di lui per il Romeo, è quella eterna, quella che funziona e funzionerà sempre, quella precisa come un orologio, che ha bisogno soltanto di pazienza e di esperienza per ritrovare la sua semplicità geniale. E per amore delle bici senza età, si lavora in un luogo senza tempo, con il suo odore di sempre, di copertoni e grasso, senza temere le mani sporche. Il Diego, mentre tira i raggi davanti al bancone di suo padre, è orgoglioso dei vecchi tarli che si vedono sulle mensole. Novant’anni di polvere e ricordi non sono niente di grave, sono un’eredità: le bici ricevono tutte le stesse attenzioni, con un approccio democratico e nazional popolare. “Quei che paràn dei dutùr, mi fanno un po’ ridere”, si lascia andare il Diego, mentre accanto a lui anche l’amico Armando si sporca le mani sulla bici di un operaio del paese. Ce l’ha con i negozi di ultima generazione, dove ti accolgono in camice bianco, come andare dal dentista: un modo di fare immagine, come se le mani sporche e l’odore di copertone fossero meno nobili nel mondo del ciclismo moderno. «Il Romeo faceva notte per riparare le bici della povera gente, che ne aveva bisogno per andare a lavorare”. E così si fa oggi, mettendoci tutta la pazienza necessaria, anche con la bici sgangherata del marocchino che ne ha davvero bisogno, perché l’auto non ce l’ha. Accanto a questo lavoro, c’è quello artigianale, dove s’inventano le bici nuove, pensate per far star bene la gente: la bici deve aiutare a vivere meglio tutti quanti.

Mentre si tentano miracoli per rianimare un vecchio catorcio, a Messina va in scena la volata, splendida e spettacolare: vince il francese Démare, ma alle sue spalle il colombiano #Gaviria sembra poter rimontare, ma pedala troppo agile. Arriva sul traguardo e si arrabbia. Ce l’ha con la sua bicicletta, ma cronisti e addetti ai lavori cercano di camuffare il suo disappunto. “Ecco cosa può succedere con il cambio a batteria”, ghigna il Diego, fermo sostenitore della superiorità della meccanica sull’elettronica. Ogni tecnologia, anche la più sorprendente e moderna, ha i suoi limiti: e quelli del cambio di Gaviria sono sembrati evidenti, “spegni e riaccendi” gli avrebbero detto se stesse lavorando in ufficio. Tutto questo, mentre da noi in officina si snocciolano rosari attorno a biciclette in rianimazione: queste però, con molta pazienza e precisione, ripartiranno.

L’uomo del giorno, in questa tappa, è l’amico Giovanni Bloisi: in bottega, infatti, stiamo seguendo anche un altro giro d’Italia, quello del ciclista della memoria. Giovanni, infatti, pedala per ricordare e farci ricordare la storia. E come? In questi giorni è impegnato con la sua eterna Romeo Explorer a scalare l’appennino in Liguria, alla ricerca di luoghi che furono teatro delle stragi nazifasciste. Partito da qui, dalla provincia di Varese, proseguirà, pedalata dopo pedalata, un po’ in tutta in Italia, una regione alla volta, alla ricerca di cippi, targhe, monumenti e memorie. Per quattro anni. Per fare memoria, Giovanni usa una bici semplice, senza tempo, affidabile e capace di cavarsela in ogni situazione: quella, come concetto, che sarebbe servita a Gaviria per vincere.

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