[La brugola del Romeo – 4ª tappa] Proseguono le cronache del Giro d’Italia visto…


[La brugola del Romeo – 4ª tappa] Proseguono le cronache del Giro d’Italia visto da La Bottega del Romeo – dal 1935 | in esclusiva su La Repubblica delle Biciclette

“Malinconia e gelati, guardando Kämna e pensando a Michele” – di Lorenzo Franzetti ⚙️

L’Etna ispira fascino anche se è visto da molto lontano, dalla sponda magra di un lago del Nord. Tuttavia, l’atmosfera del paese, in un profumatissimo pomeriggio di maggio, è malinconica. In piazza, vicino alla chiesa, c’è un ometto che ha l’età del Diego, ma è invecchiato molto peggio: cammina ingobbito di qua e di là, consumato dal fumo, tossisce che sembra lui l’Etna, striscia i piedi e sputa per terra. All’altro lato della piazza, una vecchietta zoppica col bastone, facendo riecheggiare il tic tic sulle pietre di porfido: chiede l’elemosina per vizio, o forse per noia, per trovare un modo per attaccar discorso con qualcuno. Nel mezzo della piazza, bambini in fila escono a uno a uno dalla gelateria col sorriso mascherato e il cono in mano. Di fronte, c’è la bottega che da fuori sembra sonnecchiare, non è affollata come ai vecchi tempi, ma dentro c’è il Diego, ci sono io, c’è Alessandra, con il Giro in diretta sull’Etna.

In officina, c’è una coincidenza curiosa: è il pomeriggio delle coppie pensionate. Una volta, la bicicletta era una via di fuga proprio per uomini in pensione che cercavano evasione da giornate troppo a tiro delle mogli. Oggi, segno dei tempi che cambiano, sulle nostre strade si moltiplicano le coppie non più giovanissime che scelgono di pedalare insieme. Spesso la donna sceglie la comodità dell’ebike, mentre l’uomo, per ostentare virilità, soffre in scia con la bicicletta tradizionale. In bottega è un viavai di sposini anziani felici, ma assolutamente indifferenti al povero Oldani in fuga sulle rampe dell’Etna. Il Diego, invece, no, resta fedele al suo rito: con la corsa in diretta, il resto è secondario. Stefano Oldani è l’unica fiammata d’orgoglio italico che accende, anche se per pochi minuti, un pomeriggio sì, malinconico. La malinconia è come le ciliegie, malinconia tira malinconia. Oldani è un quasi varesino, nel senso che si allena sulle strade della nostra provincia: e in più è da sempre l’avversario del nostro #Covi, fin da quando i due si sfidavano su biciclette alte mezzo metro. Non c’è rivalità oggi, il nipotino ciclistico del Diego s’intravede in gruppo, fino a una quindicina di chilometri dal traguardo, per poi sparire, come prevedibile, non essendo la sua tappa, questa dell’Etna, e dopo aver lavorato per Almeida. La bella azione di Oldani, spenta dalla rimonta dei protagonisti del finale, Lopez e Kämna, ispira proprio malinconia: col Diego che attacca discorso con una delle coppiette pensionate, per ricordare che ai vecchi tempi, i ciclisti professionisti varesini erano molti, moltissimi: e cita il gruppo anni Settanta/Ottanta con il “nostro” Silvano Contini (altro ragazzo della bottega) che faceva parte di una folta schiera di atleti locali, da Panizza a Chinetti, da Lualdi a Borgognoni, da Pugliese a Landoni e molti, molti altri. Oggi, al Giro, i professionisti varesini sono uno (Covi) e mezzo (Oldani). Perché? Mentre Lopez sale sulle rampe dell’Etna saltando come un grillo, Diego apre un altro capitolo di ricordi: «A quei tempi là, avevo il cortile sempre pieno di giovani corridori della provincia». Faceva bici per un esercito di ragazzini, allora, il cortile della bottega era un continuo vociare di corridori in partenza o di ritorno dagli allenamenti. C’erano quelli della Romeo, ovviamente, ma anche quelli della Sestese, della Lavenese, della Caravatese, della Ternatese, della Biancorossi Binda, dell’Arona. «Oggi – conclude il Diego, scuotendo il capo – non c’è più nemmeno una di queste società sportive». Sparito, o quasi, un movimento che allora era davvero importante: oggi, i frutti sono pochi, ma buoni. Questo dà il terreno ciclistico varesino e si prende quel che c’è. Le ragioni sono tante, troppe per una cronaca breve.

Vince Kämna, bravo, bravissimo, ma la malinconia cresce nel non vedere italiani nell’ordine d’arrivo: c’è il solo Ciccone a tenere viva la speranza. Oggi va così, l’Etna lascia spazio ai ricordi anche a me, e via di malinconia: in tivù si parla di Michele Scarponi, secondo nella tappa 2011, e il mio pensiero va proprio a quell’inverno di undici anni fa, quando fu proprio Michele, con Cunego, a invitarmi a raccontare i suoi allenamenti proprio lì, alle pendici del vulcano. Fu in quell’occasione che diventammo amici, prima ci si conosceva appena, ci si salutava e fine. Quell’anno, invece, passammo quei giorni in Sicilia che mi porto nel cuore, come il ricordo delle serate su al rifugio, a chiacchierare assieme, a scherzare, a parlare della vita e delle stelle che, mannaggia che emozione, sembrava proprio di toccarle. Il mondo, le vite e il ciclismo cambiano e prendono strade impensabili ed eccomi qua a pensare a chi manca (Michele), chiedendovi scusa, perché non mi va di sbandierare un’amicizia come ho visto fare spesso di recente, per esibizionismo.

Penso al “mio” Etna di undici anni fa e dovrei lavorare, far girare le viti, porca miseria. Oggi non c’è nemmeno da gioire o da distrarsi, la salita è crudele con i corridori italiani, verranno tempi migliori, intanto mi distraggo con i complimenti di una ex giovane donna, felice della sua ebike. Mentre scorrono le ultime immagini del Giro, ecco Giulia, il personaggio del giorno, che risolleva il morale: è una ragazza del paese, una sedicenne in grande crescita con la passione ereditata dal nonno che non c’è più, quella per la bicicletta da corsa. Timida e tenace, sta provando a gareggiare: è alle prime armi, ha molto da studiare e si allena la sera, fino a notte. La malinconia della quarta tappa lascia campo alla luce nello sguardo del Diego: il nonno di Giulia era il suo migliore amico, era il compagno di merende e pedalate quando i due avevano proprio l’età di questa bella ragazza. Due “sgagnamanubri”, due giovanotti degli anni Cinquanta, che sognavano di correre con Nencini, due che ci provarono, ma senza riuscirci: e così uno è finito in officina, l’altro a cucinare in una trattoria a cinquanta metri dalla bottega. Sì, è proprio il giorno della malinconia, ma c’è il cambio di Giulia da regolare e, insomma, le cose vanno avanti anche oggi, mentre in piazza, la vecchietta che chiede l’elemosina ha ottenuto quanto le basta: una fantastica coppetta, gusti panna e cioccolato da gustarsi, tutta sola, sulla panchina lì di fronte.

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