[La brugola del Romeo – 7ª tappa] Proseguono le cronache del Giro d’Italia visto da La Bottega del Romeo – dal 1935 | in esclusiva su La Repubblica delle Biciclette
“Potenza olandese, nostalgia di Panizza” – di Lorenzo Franzetti ⚙️
«Ah, se ci fosse stato Panizza, in quel finale di tappa…», il Diego scuote la testa e, come tutti noi in diretta sul Giro, e con le mani sporche di grasso, accetta il verdetto di una tappa da uomini duri. Un continuo su e giù, battaglia fin dal primo metro: in fuga ci va Formolo, un duro, che gli espertoni considerano troppo duro (per come pedalano). Il Diego, essendo di parte, avrebbe preferito vedere il “suo” Ale Covi, là davanti, a giocarsela in volata con gli olandesi, ma la corsa e i doveri di squadra hanno preso un’altra direzione e va bene così. Però con uno tenace sì, ma ancora più incazzoso, come Panizza, indimenticato ciclista anni Settanta e Ottanta, forse ci saremmo divertiti di più.
Il Diego, in bottega, rievoca spesso il Miro, Miro inteso come #WladimiroPanizza, di Cassano Magnano, che negli anni d’oro del movimento ciclistico varesino era il decano dei professionisti locali, il fratello maggiore, severissimo e generoso oltre ogni limite. Di Panizza, ho tanti ricordi risalenti alla mia infanzia: e quasi sempre pensieri “ruvidi” incazzosi, un po’ come era Miro, che quando parlava gridava. La mia “prima volta” con lui fu a metà degli anni Settanta, a una gara di ciclocross a Gorla, alla quale mio padre mi aveva portato, cedendo alla mia insistenza, nonostante soffrissi l’auto e già alla quarta curva mi veniva da vomitare e i miei viaggi erano interminabili, con continue soste. Lo ricordo severo, orgoglioso della sua bici e della sua maglia, era una maglia coloratissima che ricordava gli Stati Uniti e la gomma del ponte, i primi chewing gum che ricordo. Alle corse a cui assistevo, io ero con la mia fedele macchina fotografica: era finta, comprata a una bancarella al mare, ma io fingevo fosse vera. E avevo la fantasia di fotografare e fermare ogni attimo di ciclismo, di fissare sulla pellicola, che in realtà non esisteva, ogni movimento, ogni campione. Era un istinto tutto mio, anche se un po’ emulavo mio padre anch’egli appassionato di fotografia: io però, sognavo di fotografare e cambiare le storie, le gare e i pronostici a mio piacimento. Panizza aveva vinto la sua categoria, quella domenica, ma io fotografandolo per finta, lo immaginavo secondo e incazzato: perché nella realtà, anche se aveva vinto, era proprio incazzato.
Quella domenica finì in rissa, rissa tra bambini: il figlio di Panizza mi vide all’opera attorno a suo padre e s’innamorò della mia macchina fotografica esclusivissima. “La voglio io”, “No è mia” e la cosa pensammo di risolverla a spintoni, prima dell’intervento pacificatorio dei rispettivi genitori. Sarà per quello, ma da allora Panizza non mi suscitava simpatia, anche se lo associo da sempre alla grinta di uno che non molla mai. Un Formolo incazzato, insomma. Pensieri e fantasia di un Giro, che al Sud, è sempre un bagno di folla e di colore.
Quando penso al Sud e ai miei Giri, io penso sempre al mio amico Nicola. L’uomo del giorno, oggi, è lui: Nicola Ianuale, il fotografo con il quale ho condiviso gran parte delle mie trasferte, con il quale ho realizzato i reportage più belli. Aveva e ha, anche se ora non lavora più nel ciclismo, il talento di fare uscire l’immagine dalla carta o da uno schermo: il talento di fare uscire l’anima di quel momento o personaggio immortalato. Ho imparato molto da lui, ma mi sono anche tanto divertito. Era un po’ come Panizza, spesso incazzoso per il mondo alla rovescia, ma generoso, non mollava mai. Ora fotografa calciatori ed è un’assurdità, l’ennesima sciocchezza del ciclismo, quella di averlo costretto a vivere di altro. Siamo in tanti che abbiamo dovuto scegliere diversamente, la vita ti porta a percorsi che vanno affrontati alla Panizza: poi, può capitare, che a vincere sia il furbo e opportunista che tira di meno, ma non ha nulla a che fare con la coscienza di chi non si risparmia mai.
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